Cos'è?
Il Convento di Sant’Antonio: scrigno di storia tra cielo e terra
Sorge a 620 metri sul livello del mare, incastonato su uno sperone roccioso nella località “Aia San Antonio”, il suggestivo convento francescano di Deliceto. Da questo punto privilegiato, lo sguardo abbraccia un paesaggio imponente che si estende dal cuore del Tavoliere fino alle cime del Gargano e alle colline lucane, passando per l’abitato stesso di Deliceto.
La costruzione del convento risale al 1510, su un terreno donato dal marchese Giambattista Piccolomini alla comunità dei Frati Minori Osservanti, che fino ad allora risiedevano in un convento decadente, tra le attuali vie Fontana Nuova e San Rocco. L’invasione di insetti – formiche e termiti – costrinse i frati ad abbandonare quella sede in rovina.
Il nuovo convento fu pronto già nel 1521, quando papa Leone X ne autorizzò ufficialmente l’uso con un decreto del 6 luglio. La chiesa annessa, dedicata a Sant’Antonio di Padova, venne invece completata nel 1660, come testimonia l’iscrizione ancora visibile sul portale principale:
“Templum Divo Antonio Dicatum Anno Domini MDCLX.”
Il luogo di culto aveva natura gentilizia, protetto e sostenuto economicamente dai marchesi locali, che ne facevano uso privilegiato: disponevano di un seggio d’onore, ricevevano sacramenti in forma privata e venivano sepolti nei pressi dell’altare maggiore. Ancora oggi, nella cripta del convento (“coemeterium”), riposano personalità nobili come la marchesa Giovanna Bartirotti, il suo tutore Alessandro Miroballo, il cavaliere Rinaldo – maestro d’armi al servizio di re Carlo II – e la marchesa Anna Miroballo, consorte di Rusco di Savona.
La presenza francescana perdurò per 290 anni, fino al 1811, quando Gioacchino Murat ordinò la prima soppressione degli ordini religiosi. Subentrarono, per un breve periodo, i Redentoristi della Consolazione, che rimasero fino al 1886, anno in cui la seconda soppressione – stavolta imposta dal neonato Regno d’Italia – mise fine anche alla loro permanenza.
La chiesa di Sant’Antonio, in stile barocco e a tre navate, conserva sei cappelle laterali, affidate nei secoli alle famiglie notabili del paese. Sul lato sinistro si trovano quelle dedicate a San Pasquale, all’Immacolata Concezione e a Sant’Alfonso Maria de’ Liguori; sul lato destro, invece, le cappelle di San Diego, della Madonna Addolorata tra San Francesco e papa Pio II (opera del pittore Benedetto Brunetti, 1646), di San Francesco e, in fondo, della Madonna della Neve.
L’altare maggiore è impreziosito da due bassorilievi in marmo policromo raffiguranti gli stemmi di Francesca Bartirotti d’Aragona e di suo marito Cesare Miroballo, scolpiti nel 1626 in occasione delle loro nozze. Al centro dell’altare, all’interno di una nicchia murale, si ammira una preziosa statua lignea di Sant’Antonio da Padova, realizzata in stile spagnolo, abbigliata con una raffinata veste dorata intarsiata di fiori.
Sotto la volta si staglia il dipinto dell’Immacolata Concezione, realizzato dall’artista locale Michele Nigro. Nella zona del coro si conserva, in perfette condizioni, un organo a canne del 1775, capolavoro di Domenico Antonio Rossi, organista della Regia Cappella di Napoli.
All’interno della sacrestia si trovano anche diversi ritratti a olio di Redentoristi, provenienti dall’ex Casa della Consolazione. Gli stemmi scolpiti sul portale d’ingresso della chiesa e del convento testimoniano anch’essi la presenza redentorista.
Nel 1981, il vecchio portone ligneo della chiesa fu sostituito da uno nuovo in bronzo, fuso nelle celebri fonderie Marinelli di Agnone (IS). Il disegno è opera dell’artista delicetano Gerardo Liberti, su bozzetti di Gerardo Maraschiello. Le formelle rappresentano i miracoli di Sant’Antonio, la Santissima Trinità e l’estasi del Santo.
Il convento, di forma quadrangolare, segue l’impianto classico degli edifici religiosi del tempo. Al centro si apre un chiostro con portici a doppio ordine e una cisterna. Conta una trentina di stanze, ventitré delle quali conservano la struttura originaria. Un’ampia scala collega i due piani. I frati accedevano alla chiesa da una porta situata sotto il campanile, oggi murata. Al pianterreno si trovavano il refettorio, le cantine, la stalla e i depositi.
In epoca più recente, l’edificio ha ospitato anche la sede locale del Comando della Stazione dei Carabinieri.